大海は芥を択ばず taikai wa, akuta wo erabazu.
L’oceano accetta…la spazzatura.
Questo proverbio giapponese rivela molto della sensibilità di questo popolo.
Così come l’oceano non si ribella ma accoglie e integra i detriti che dai fiumi arrivano al mare, allo stesso modo una persona dallo spirito grande deve sforzarsi di avere vedute ampie e di accettare gli altri.
Il mare è un elemento che caratterizza questo Paese, esattamente come l’Italia esprime il suo sentimento anche grazie alla presenza costante di questo grande fratello blu, che fa da sempre cornice alle nostre storie.
Il mare è contemporaneamente protezione e gabbia; solitudine e infinito dove onde e cielo si fondono; bellezza e terrore; sostentamento e minaccia.
Chi vive su un’isola sviluppa così un carattere che è abituato a tracciare una rotta tra estremi e assoluti.
Per questo l’uomo di mare solitamente è di poche parole, diffidente sulle prime. Dà la sua fiducia a poche persone ma una volta che si apre, dà tutto.
Conosce la fatica e la precarietà e per questo sa dare all’ospitalità la sacralità che essa richiede. Con poco, sa far riverberare il bello.
Il mare assorbe tutto, come le persone che lo vivono, salvo scatenarsi ogni tanto e restituire, a suo modo, ciò che accumula.
La cultura mediterranea non è diversa da quella giapponese e forse, per comprendere i Giapponesi e le loro arti, bisogna sedersi ad ascoltare il mare.